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10/04/2018

Le sostanze tossiche che indossiamo

Purtroppo la qualità dell’aria che respiriamo e del cibo sulle nostre tavole non rappresenta l’unica fonte di inquinamento. Infatti se non possiamo fare a meno di respirare e mangiare, certamente anche vestirci è un’azione necessaria. Purtroppo secondo uno studio indetto dalla Commissione Ue circa le reazioni allergiche causate dalle sostanze chimiche contenute nei tessuti, ben il 7-8% delle malattie dermatologiche hanno origine proprio dalla presenza di sostanze non autorizzate in ciò che indossiamo.

Il problema è consistente e diverse azioni sono state intraprese proprio per limitarlo. Fin dal 2011 Greenpeace si muove per ottenere una produzione di filati e tessuti sicuri, che tutelino sia l’ambiente che i consumatori, e già in passato ha testato moltissime aziende e marchi conosciuti, appartenenti anche all’alta moda, per scoprire la presenza di sostanze tossiche anche là dove non ce lo si sarebbe aspettato.

Le sostanze tossiche da cui proteggersi

Le patologie che si generano dall’utilizzo di indumenti non a norma sono spesso legate alla presenza di sostanze da tempo vietate in Italia e in Europa, secondo l’Associazione Tessile e Salute. Ecco l’elenco dei chimici tossici per la nostra pelle:

Coloranti azoici. Essendo poco costosi sono ampiamente utilizzati, ma proibiti in Europa dal 2002 (Diretttiva 202/61) perché potenzialmente cancerogeni.

Nichel. Può essere rilasciato dai coloranti utilizzati per tingere. Anch’esso è vietato dalle norme europee poiché fortemente allergizzante.

Carrier alogenati. Sono utilizzati per il poliestere e tessuti misti che lo contengono. Vietati in Europa perché potenzialmente cancerogeni.

Formaldeide. Viene utilizzata per disinfettare e permette la conservazione di prodotti relativi alle più svariate industrie. Trattandosi di un gas dal forte odore può generare malessere temporaneo, ma essendo solubile in acqua viene eliminato con i lavaggi.

Ftalati. Aumentano la flessibilità delle materie plastiche, come per esempio le stampe applicate sugli abiti. Possono facilmente spostarsi dalla plastica alla nostra pelle con conseguenze piuttosto serie. Pare infatti che intervengano a livello endocrino, creando scompensi ormonali e danneggiando lo sviluppo dei nascituri. L’Unione Europea ne ha identificato due tipologie, considerate pericolose perché possono incidere sulla fertilità maschile.

Clorofenoli Pcp, Tpc e relativi sali. Hanno vari utilizzi, tutti relativi alla conservazione del prodotto. La loro presenza è regolamentata in Europa secondo parametri ben precisi e che non risultano nocivi.

Antiparassitari. Le tracce individuabili sui nostri indumenti derivano dall’uso massiccio all’interno dei container in cui i capi vengono trasportati da una parte all’altra del globo.

Paraffine clorurate a catena corta (SCCPs). sono estremamente nocive per gli organismi acquatici oltre ad avere un grande potenziale di accumulo negli organismi viventi. Inoltre impiegano tempi lunghissimi per degradarsi nell’ambiente. Questo ha portato l’Unione Europea a restringerne l’utilizzo nel 2004.

Solventi clorurati. Con effetti deleteri per sistema nervoso, fegato e reni (oltre e non da meno per l’ozono), sono stati severamente regolamentati dall’Ue già nel 2008.

Metalli pesanti. Cadmio, Cromo VI, Mercurio e Piombo. Sono tutti altamente tossici e perciò sottoposti a rigorose restrizioni.

Gli interventi nel settore

Come è facilmente osservabile, la Comunità Europea tutela il prodotto tessile venduto e si assicura che le sostanze potenzialmente tossiche non siano presenti sui nostri filati, anche in risposta alla crescente richiesta dei consumatori di essere protetti da sostanze tossiche ed inquinanti. Questo movimento per la tutela in crescente espansione vede nel ruolo del cattivo sempre più i tessuti e gli indumenti provenienti da Paesi extraeuropei, in cui le limitazioni in merito a sostanze chimiche nocive sono ben differenti.

Infatti se in Europa esistono già da tempo norme restrittive sull’Export, non si può dire altrettanto per l’Import, che rappresenta tutt’oggi una porta aperta per l’introduzione nel mercato europeo di tutte le sostanze già citate sopra. Al contrario le imprese chimiche italiane, come quelle europee, hanno ormai adottato un codice di autoregolamentazione per evitare l’utilizzo e la successiva vendita di tessuti nocivi e meglio rispettare le già presenti norme emesse dall’Ue.

Pratiche per tutelarsi

Ci sono sicuramente delle pratiche da utilizzare per assicurarci che gli indumenti che stiamo scegliendo per noi e la nostra famiglia siano a prova di pelle.

  • Prediligere il Made in Italy o in Europa, proprio perché i tessuti sono prodotti nel rispetto delle norme di tutela;
  • Lavare gli abiti appena acquistati prima di indossarli;
  • Usare detersivi non aggressivi, idealmente dei detersivi ecobio.

L’intimo, una preoccupazione in più?

Nessun indumento è maggiormente a contatto della pelle e soprattutto in zone particolarmente delicate. Proprio per questo dobbiamo assicurarci di scegliere accuratamente l'intimo che indossiamo utilizzando i consigli sopra indicati, per poterci fidare di ciò che indossiamo ed essere sicuri di avere il meglio a disposizione.

La Furlana tiene particolarmente a questo tema e per tale ragione dispone di una filiera totalmente italiana. Spesso capita di vedere un Made in Italy che però di italiano ha solo il marchio, utilizzando fibre, tessuti o manufatti provenienti da paesi esteri con una normativa meno restrittiva. Invece nel nostro caso ci assicuriamo che il nostro intimo sia veramente prodotto in italia, dall’inizio alla fine della filiera, per mettere a tua disposizione indumenti sicuri che rispettano i parametri di sicurezza.

E per chi cerca quella certezza in più, può sempre scegliere il nostro intimo bianco privo di qualsiasi colorante, infatti La Furlana propone tutti i suoi modelli anche in questo (non) colore. Copritevi bene e curate ciò che indossate.